Informazioni sul libro

10.01.2016 03:54

Prima di tutto una precisazione. Questo libro parla del Cammino verso Santiago de Compostela che ho fatto nel 2013, con mia figlia, e l’ha impaginato Marika, mia moglie. Sarebbe stato un peccato stampare le pagine interne in b/n, magari per risparmiare, facendo sparire i colori con la loro bellezza (mia moglie, grafica editoriale, ha fatto davvero un’impaginazione super).

Nella narrazione si evidenzia il punto di vista laico in un Cammino che, diversamente dal nostro, è invece fatto soprattutto da fedeli cattolici. Del resto io sono ateo e non posso comportarmi come i pellegrini d’ispirazione religiosa. Oltretutto mia figlia non è stata battezzata, ciò non toglie che sia stata lei stessa ad avermi proposto questa camminata già un anno prima. In fin dei conti anche gli atei fanno il Cammino… non solo i cattolici, e non si è così pochi. Anche per questo motivo, per il solo fatto che si parla di un Cammino lontano da quelli mossi per ragioni di fede, beh credo che possa interessare chi li affronta con lo spirito ateo, o comunque non ancorato nei vari schemi cattolici o protestanti. A parte il fatto che il libro può andar comunque bene a chi è un devoto, anche perché ci sono altri spunti che vanno al di là della questione mistica. Insomma, va bene per chi analizza il Cammino per ciò che è: una semplice e bella esperienza, non agonistica, fatta assieme a tante persone per le più sconosciute e internazionali.

Adesso svelo una cosa: quando nel 2006 stavo impaginando il libro “Giramondo libero - In viaggio con la Vespa o con lo zaino” non volli far sapere niente a mia moglie. Ne avrei potuto approfittare del suo aiuto, giacché lei, come ho già detto, è una grafica, e invece no. Il libro, di 384 pagine, lo impaginai di nascosto tutto da solo (e si vede: al confronto con questo c’è una differenza enorme), salvo la copertina che la fecero i grafici della Casa Editrice. Il libro lo consegnai poi, come sorpresa, a mia moglie che all’inizio non la prese tanto bene, accettandolo però in seguito. C’è da tener conto che di solito gli editori non accettano lavori già completamente impaginati dallo stesso autore, ma in quei casi arricciano il naso sospettosi. Insomma, non gradiscono che si faccia il loro lavoro della serie E noi cosa siamo qui a fare? È stata un’eccezione l’aver accettato il mio lavoro, in un ambiente molto suscettibile dove chi va oltre i propri compiti rischia seriamente di non essere preso in considerazione e neppure letto. Perciò l’esperienza mi suggerisce di andare piano, con i piedi di piombo, e valutare cosa succede. Mi meraviglio ancora come mai sia stato accettato il lavoro del mio 2° libro.

In questi anni ho imparato tante cose nel campo editoriale, che sembra un mondo tutto strano. Tra l’altro io in gioventù avevo fatto per sei anni il litografo, inoltre, avendo la moglie (ex grafica, ora però disoccupata), posso dire di essere sempre stato un po’ nei raggi di quest’ambiente. Io avevo anche superato, a Milano, un esame come autore della parte letteraria sulle canzoni (in pratica il “paroliere”), solo che adesso non ho più diritti SIAE perché mi sono rifiutato, d’improvviso, di continuare a pagare i bollettini annuali (improduttivi).

In ogni modo, tornando ai libri, di solito funziona così: si lascia il solo testo e, eventualmente, la disponibilità di inserire un bel po’ di foto. Poi, sull’impaginazione grafica, ci pensa l’editore o la litografia. Sono loro che decidono quante foto occorrono, che formato usare, quante pagine necessitano, il tipo di carta, eccetera. Alle Case Editrici non piace che si rubi il loro lavoro, anche se può essere fatto bene: questa è la realtà. Per esempio, la copertina del mio 2° libro mia moglie l’avrebbe fatta assai meglio di ciò che hanno fatto i grafici di Giorgio Nada Editore... forse perché non conoscono Photoshop. Diciamo che non è tanto una questione di qualità o di un prodotto migliore o peggiore... è semplicemente una difesa (anche giusta) del proprio posto di lavoro.

Penso all’amico e compianto Sergio Stocchi, che quando pubblicai il mio 1° libro mi fece diverse recensioni o articoli. In un paio di occasioni scrisse (e ripeté) la seguente frase:

“Adesso Giorgio Càeran ha pubblicato un libro in cui racconta il suo viaggio. È un libro che nasce anche lui sotto il segno della Speranza più che della Prudenza, visto che è Giorgio stesso che si fa editore, oltre che autore. Dopo aver rischiato l’osso del collo sulle strade indiane, rischia ora i suoi risparmi in un’impresa editoriale. Delle due avventure, la seconda è senz’altro la più folle, ma senza un pizzico di follia non si farebbe nulla di veramente bello. Perché l’ha commessa, questa follia di pubblicare un libro? Non per vanità. Giorgio Càeran non pretende di aver compiuto un’impresa sportiva eccezionale, non si atteggia a divo e nemmeno a scrittore. La via delle Indie è già stata ampiamente raccontata. Il libro non vuole rivelarci le meraviglie dell’India o del Nepal, e non ci offre favolose foto a colori; anche perché gran parte delle pellicole sono finite rubate, a Bombay, assieme alla macchina fotografica.

Beh, Giorgio non vuole mettersi in cattedra a dar lezioni; ma avendo imparato tante di queste cose meravigliose, ha voluto a tutti i costi raccontarle agli altri giovani come lui. Anche a costo di pubblicare un libro a suo rischio.”

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Giorgio Càeran Milano giorgio.caeran@tiscali.it