Tre opinioni sul Cammino (pubblicato anche nel libro)

11.02.2014 01:54

 

Brani tratti dal libro “La via lattea – Un ateo impenitente e un cattolico dubbioso verso Santiago de Compostela” (Longanesi ) di Piergiorgio Odifreddi e Sergio Valzania, con la partecipazione di Franco Cardini.

 

Piergiorgio Odifreddi:

Siamo stati criticati da chi ci dice che il nostro non è il “modo corretto” di fare il Cammino, per una serie infinita di motivi: i nostri bagagli viaggiano sull’auto invece che sulle nostre spalle, oppure i nostri corpi riposano in alberghi invece che in ostelli, oppure due o tre volte io ho evitato alcuni chilometri di traffico e mi sono fatto trasportare in pulmino, e così via. E tutti invariabilmente ritengono che il “modo corretto” di fare il Cammino sia quello che hanno seguito loro, benché poi ciascuno faccia diversamente dagli altri.

Ma, se uno volesse applicare le osservazioni di Borges a un ipotetico Pierre Menard, pellegrino del Cammino, cosa dovrebbe fare? Un percorso “filologico” che parta da casa sua, e lo faccia andare a piedi fino a Santiago e tornare nello stesso modo a casa? Oppure un percorso “contestualizzato” che lo porti a Santiago in aereo o in treno o in auto, andata e ritorno, senza tante storie? Tra questi due estremi ci sono innumerevoli variazioni e ciascuno sceglie la sua, senza che nessuna sia più o meno “corretta” delle altre, perché il “modo corretto” semplicemente non esiste.

E infatti tutti i pellegrini, a parte quelli un po’ fuori di testa che sicuramente ci sono, fanno dei compromessi: arrivano con mezzi meccanici fino a un certo punto, e di lì partono per fare un pezzo a piedi. Noi, ad esempio, siamo partiti da Roncisvalle, ma c’è chi parte da Saint Jean Pied de Port, o da Somport, o da Siviglia, o da Parigi, o da Roma, o da Vladivostok… E noi arriveremo a Santiago, ma c’è chi continuerà per Finisterre, e magari raggiungerà a nuoto le Azzorre, o tornerà a piedi.

Ma anche se si andasse avanti e indietro a piedi da casa propria non sarebbe ugualmente il pellegrinaggio di un tempo, perché come direbbe Eraclito: “Non si passa mai due volte nello stesso luogo, non si entra mai due volte nella stessa città, non si fa mai due volte lo stesso pellegrinaggio.” E allora, che ciascuno faccia cosa vuole, tanto tutti sbagliano. O nessuno sbaglia, il che poi è lo stesso. Amen.

 

Sergio Valzania:

L’interpretazione del Cammino è una delle sfide più sofisticate di fronte alle quali si viene posti da queste parti. Quello che si segue è un percorso segnato in maniera fortissima dalla tradizione, la figura di san Giacomo è presente in una maniera assoluta: in tutte le chiese nelle quali entriamo si trova almeno una sua immagine, spesso di più. Però sappiamo che il Cammino che stiamo facendo è un’esperienza assolutamente moderna.

Alla fine degli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta, quando sembrava che la pratica del pellegrinaggio a Santiago si fosse spenta completamente, si è lavorato alla sua ricostruzione e per farlo gli si è data una lettura nuova, moderna. Non esiste una continuità del cammino antico, del pellegrinaggio medievale che prosegue e si trasferisce senza interruzione nell’esperienza di oggi.

C’è stata una ricostruzione attenta, filologica quanto possibile, ma legata alla modernità, disponibile alla contaminazione. Solo il cambiamento, la rilettura, l’attualizzazione consentono la proiezione verso il futuro di un’esperienza. Percorrendo il Cammino si gioca sempre fra la nostra dimensione di uomini moderni, del Duemila, e quella dei pellegrini medievali, del Duecento. Noi abbiamo dei problemi a camminare per tanto tempo, per tante ore, e poi ogni sera vogliamo lavarci. Non siamo solo noi, che abbiamo la stanza d’albergo, ad avanzare queste pretese: sappiamo che negli ostelli c’è la corsa per le docce, e che lì si arriva presto perché c’è un’ora in cui l’acqua calda finisce. Per noi europei di oggi, camminare tutto il giorno e non fare la doccia è una privazione enorme. Eppure per il pellegrino di una volta l’idea di lavarsi era piuttosto bizzarra. Chissà se i puristi del Cammino si fanno la doccia.

 

Franco Cardini:

Vorrei far notare, e non solo come cattolico, ma come storico, e più ancora come cittadino europeo, che questo Cammino di Santiago, che naturalmente è molto interessante, e sul quale abbiamo trovato tante persone e cose meravigliose, si sta però lentamente destrutturando e viene pericolosamente avvolto dalle nubi e dalle nebbie della new age.

Credo che di questo sia stato in buona parte responsabile un libro di Paulo Coelho, “Il Cammino di Santiago”, che peraltro del pellegrinaggio in sé parla pochissimo. Inoltre, Coelho non ha neppure fatto l’intero Cammino: si è fermato al colle di O Cebreiro, dove dice di aver avuto una visione. Ma ha riportato e diffuso un’immagine del Cammino di tipo esoterico, “cultistico” e neopagano: di forze telluriche, di linee d’energia cosmica, e compagnia bella.

Ecco, questo vedere le cose in modo astorico e antistorico, ascientifico e antiscientifico, oltre che letteralmente un po’ bolso, fa sì che il libro di Coelho faccia il paio con “Il codice Da Vinci” di Dan Brown: son cose che non si dovrebbero nemmeno leggere, e che invece hanno successo, perché la nostra società civile è una società profondamente i-gno-ran-te. E, in quanto tale, ricerca l’effetto meraviglioso perché non ha né la voglia, né gli strumenti intellettuali di andar oltre, di scavare un po’ più in profondo, di accedere a realtà storiche o scientifiche che siano dotate di più concreta sostanza.

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Giorgio Càeran Milano giorgio.caeran@tiscali.it